“IPB” Iperplasia Prostatica Benigna

L’ipertrofia o iperplasia prostatica benigna (BPH o IPB), conosciuta anche come adenoma prostatico (BEP) è una malattia a carico della ghiandola prostatica.  Si tratta di un suo aumento di volume dovuto all’incremento del numero di cellule, che si estrinseca principalmente nella zona “di transizione” della prostata, ovvero in una parte centrale attorno all’uretra prostatica. E’ una crescita di tipo benigno, cioè comporta compressione sui tessuti circostanti senza infiltrarli.

E’ un fenomeno legato all’invecchiamento ma che in alcuni soggetti è maggiore che in altri, e col passare degli anni può causare una compressione e distorsione dell’uretra prostatica ostruendo la fuoriuscita dell’urina. IPB colpisce il 5-10% degli uomini di 40 anni di età, e fino all’80% degli uomini tra 70 e 80 anni.

Sintomatologia:

I sintomi non sono correlati con le dimensioni della ghiandola: infatti una prostata di piccole dimensioni può provocare sintomi ostruttivi molto più gravi di una prostata dalle dimensioni maggiori; questo perché la sintomatologia deriva dalla somma di due componenti: quella statica, determinata dalla massa della ghiandola, e quella dinamica, dovuta al tono della muscolatura liscia del collo vescicale, della prostata e della sua capsula. Riconosciamo due tipi di sintomi: quelli urinari di tipo ostruttivo, e quelli di tipo irritativo. Fra gli ostruttivi si ricordano la difficoltà ad iniziare la minzione, l’intermittenza di emissione del flusso, l’incompleto svuotamento della vescica, il flusso urinario debole e lo sforzo nella minzione.

Fra i sintomi irritativi si annoverano la frequenza nell’urinare, che è detta pollachiuria, la nicturia, cioè un aumentato bisogno durante la notte, l’urgenza (la necessità di svuotare la vescica non può essere rimandata) e il bruciore ad urinare. Questi sintomi, ostruttivi ed irritativi, vengono valutati usando il questionario dell’ International Prostate Symptom Score (IPSS), formulato per appurare la severità della patologia.

La IPB può essere una patologia progressiva, specialmente se non curata. L’incompleto svuotamento della vescica può portare all’accumulo di batteri nel residuo vescicale aumentando i rischi di prostatiti e pielonefriti. L’accumulo di urina può, peraltro, portare anche alla formazione di calcoli dovuti alla cristallizzazione di sali nel residuo post-minzionale. La ritenzione urinaria, acuta o cronica, è un’altra forma di progressione della patologia. La ritenzione urinaria acuta è l’incapacità a vuotare completamente la vescica, mentre quella cronica vede il progressivo aumentare del residuo e della distensione della muscolatura della vescica. Chi soffre di ritenzione urinaria cronica, può andare incontro ad una patologia di compromissione renale detta uropatia ostruttiva.

Diagnosi:

L’esplorazione rettale, (palpazione della prostata attraverso il retto), può rivelare un marcato ingrossamento della ghiandola; è un esame molto soggettivo che dipende dall’abilità dell’urologo. Maggiore precisione al fine della valutazione del volume prostatico è dato dall’ecografia sia sovrapubica che transrettale. L’ecografia inoltre evidenzia il residuo postminzionale, cioè se rimane urina stagnante in vescica dopo aver urinato, che è sintomo importante che la IPB si sta aggravando.  Altro segno da valutare è lo spessore delle pareti vescicali, che se incrementa è un altro segno di ostruzione al deflusso urinario. L’ecografia inoltre consente di diagnosticare complicanze frequenti di una IPB trascurata, come diverticoli vescicali, calcoli, o sedimento nel lume dell’organo emuntore.

La uroflussimetria è forse l’esame più utile in IPB, perché evidenzia se tale patologia causa un’ostruzione oppure no. Distingue perciò la IPB significativa da quella non significativa sulla dinamica minzionale. Alcuni parametri come Qmax (velocità di flusso massima) sono usati anche per verificare la risposta alle terapie nel tempo.

Il PSA è spesso eseguito nei pazienti IPB per screenare se coesiste una componente maligna della patologia. E’ un esame del sangue che se innalzato indica una qualche sofferenza della ghiandola prostatica, includendo patologie benigne come infiammazione, IPB o traumatismo, ma anche il carcinoma prostatico. Un suo innalzamento richiede un attento monitoraggio e, eventualmente, esami più approfonditi.

  • Terapia Medica:

Gli alfa bloccanti (α1-recettori adrenergici antagonisti) procurano un sostanziale miglioramento dei sintomi della BPH. Gli alfa bloccanti rilassano la muscolatura della prostata e del collo vescicale ed aumentano la portata del flusso urinario, ma possono causare eiaculazione retrograda.

Gli inibitori della 5α-reduttasi, (finasteride e dutasteride) sono un altro trattamento praticato. Quando vengono usati in abbinamento agli alfa bloccanti, si è notata una drastica riduzione del volume della prostata in persone con ghiandole molto ipertrofiche.

Vi è anche una notevole evidenza dell’efficacia di Fitoterapici, quali l’estratto del frutto della Serenoa repens (o saw palmetto) e dei semi di zucca nell’alleviare i sintomi della patologia.

  • Terapia Chirurgica:

In caso di fallimento del trattamento medico, può rendersi necessario un trattamento chirurgico. Qualsiasi intervento chirurgico per IPB pone a rischio, in entità differente, la meccanica eiaculatoria del paziente. A contrario, la rigidità nell’erezione e la capacità di arrivare all’orgasmo non vengono influenzati da questa chirurgia correttamente eseguita.

Adenomectomia open surgery. Significa rimuovere l’adenoma mediante il tradizionale taglio chirurgico, nella variante trans vescicale (ATV) o infravescicale (Millin). Interventi usati da oltre 50 anni, hanno ancora un’efficacia insuperata anche se con una morbilità perioperatoria che alcuni mettono in discussione, nella realtà attuale di chirurgia mini-invasiva. Interventi tuttora definiti “gold standard” in caso di prostate veramente voluminose.

Resezione transuretrale dell’adenoma prostatico (TURP). Questo prevede la resezione di parte della prostata attraverso l’uretra. Consigliabile per prostate fino a un certo volume, presenta il vantaggio della mini-invasività, ovvero evitare tagli e un recupero postoperatorio più rapido. Esistono anche alcune nuove tecniche per ridurre il volume della prostata ipertrofica, alcune delle quali non sono ancora abbastanza sperimentate per stabilire i loro effetti definitivi. Esse prevedono vari metodi per distruggere parte del tessuto ghiandolare senza danneggiare quello che rimarrà in sito. Fra queste si ricordano: la vaporizzazione transuretrale della prostata (TVP), la laser TURP, la visual laser ablation (VLAP), la Transurethral Microwave Thermo Therapy (TUMT), la Transurethral needle ablation of the prostate (TUNA) e la sua evoluzione tecnologica Prostiva, micro iniezioni di etanolo in situ ed altre ancora allo studio o in via di sperimentazione.